L’alimentazione e l’appetito molto spesso variano in risposta a condizioni fisiologiche, patologiche, emozionali e vanno ad influire essi stessi sulla condizione fisica e psicologica dell’individuo. Ritengo pertanto importante affrontare l’argomento dei disturbi della condotta alimentare, anche perché è un argomento che mi riguarda molto da vicino.
I disturbi psicogeni dell’alimentazione sono descritti sin dall’antichità, ma una vera e propria rilevanza a livello medico l’hanno ricevuta solo negli ultimi decenni. Questi disturbi sono particolarmente gravi e possono condurre fino alla morte di chi ne è affetto. Alla base di questi disturbi c’è un alterato rapporto con il cibo e con la propria immagine corporea. Dal punto di vista della classificazione si riconoscono: anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbi non altrimenti specificati, che comprendono il binge eating disorder, il night eating disorder, la pica, il disturbo da ruminazione. Viene presa in considerazione anche l’obesità, che pur richiedendo attenzione e cure mediche, non viene considerata un disturbo mentale.
Anoressia nervosa
E’ un disturbo caratterizzato da gravi comportamenti autoimposti tesi alla perdita di peso e motivati da una patologica paura di ingrassare, associati ad alterazioni della sfera endocrina.
Come criteri diagnostici il DSM IV propone:
- rifiuto di mantenere il peso corporeo a livello o al di sopra del peso minimo normale per l’età e l’altezza
- intensa paura di ingrassare e diventare obeso, anche se il paziente è sottopeso o addirittura emaciato
- disturbi dell’immagine corporea
- amenorrea secondaria per almeno 3 mesi consecutivi, oppure presenza di cicli mestruali solo in seguito ad opportuna terapia, o ritardo del menarca rispetto all’età media
Il DSM IV inoltre distingue due sottotipi:
- il tipo restricter, nel quale la diminuzione del peso viene perseguita attraverso la dieta, il digiuno, l’esercizio fisico;
- il tipo bulimico, nel quale vengono messe in atto regolarmente condotte bulimiche e/o condotte di eliminazione, quali l’induzione del vomito, l’uso di lassativi, diuretici, enteroclismi.
L’anoressia nervosa colpisce prevalentemente il sesso femminile ed insorge in epoca adolescenziale, anche se sono descritti casi ad insorgenza tardiva, oltre i 30 anni o in epoca post menopausale.
Esistono varie teorie sull’eziopatogenesi del disturbo, ma nessuna è in grado di dar conto di tutte le sfaccettature della problematica.
- Teorie psicologiche: queste pazienti hanno un’importante sensazione di inadeguatezza ed incapacità e soddisfano la loro innata necessità di autoaffermazione e potere attraverso un rigido controllo sull’alimentazione e il proprio fisico.
- Teorie socio-culturali: gli standard di bellezza femminile si sono spostati sempre più verso la magrezza.
- Teorie biologiche: sono numerose. Alcune teorie si incentrano sulle alterazioni neuroendocrine. Tra queste molte sono secondarie alla perdita di peso, come la ridotta risposta del TSH al TRH, la riduzione dei livelli di gonadotropine e le ridotte risposte dell’LH ai test di stimolo. Altre alterazioni sembrano indipendenti alla perdita di peso, quali l’aumento della cortisolemia basale, un pattern di secrezione dell’LH di tipo prepuberale. Altre teorie propongono teorie basate su variazioni dell’attività neurotrasmettitoriale. Un aumento dell’attività dopaminergica sarebbe alla base di alcuni sintomi, come il ridotto bisogno di cibo e la perdita della libido. Pare che il turnover della noradrenalina si riduca con il digiuno ed aumenti con il recupero nutrizionale. Un’altra teoria sostiene l’aumento dell’attività oppioide, che in condizioni di malnutrizione potrebbe costituire uno stimolo specifico sull’appetito, con funzione omeostatica, oppure rappresentare una conseguenza dello stress, che a sua volta potrebbe costituire da meccanismo biologico adattativo verso la riduzione delle richieste metaboliche. Altre teorie sottolineano come l’anoressia spesso si associ ad altri disturbi affettivi.
Quadro clinico
Nella maggior parte dei casi le pazienti sono bambine modello, docili, ubbidienti e remissive, ma al contempo perfezioniste e competitive. L’esordio della patologia può essere acuto, ma in genere è insidioso, iniziando spesso con una normale dieta. A volte è mascherato inizialmente da lamentele somatiche o da disturbi digestivi, utilizzati come giustificazione del ridotto apporto alimentare. Talvolta la paziente getta di nascosto il cibo, lo vomita, etc. All’inizio vengono eliminati i cibi ad elevato contenuto calorico, poi qualsiasi altro alimento. Il cibo permesso viene accuratamente scelto e pesato, spesso l’alimentazione avviene con modalità ritualizzate: classico è lo sminuzzare i cibi e mangiare molto lentamente. Compaiono condottedi alimentazione e viene incrementato il dispendio energetico, mediante un’iperattività generalizzata. La maggior parte delle pazienti ammette di aver avuto fame, almeno nelle fasi iniziali. La fame latente riemerge in alcuni casi sotto forma di crisi bulimiche, in altri nella presenza costante del cibo al centro dei pensieri, sotto forma di interesse per cucina e ricette. Al disturbo dell’immagine corporea, si affianca la negazione di malattia, la mancanza di insight. All’inizio del dimagrimento compare spesso un senso di euforia. Quando però si presenta l’emaciazione, la paziente subisce critiche e pressioni perché mangi, ma ciò rafforza solo i propositi di digiuno e l’isolamento sociale. Quando le condizioni generali deperiscono, l’iperattività scompare e l’umore diviene depresso, fino alla comparsa di un episodio depressivo maggiore.
L’esame fisico
Il calo ponderale è l’aspetto più evidente della patologia. Talvolta raggiunge valori imponenti con l’assunzione di 350, o 400, o 470 calorie al giorno. Scompaiono i depositi di adipe, le rotondità si annullano e la figura corporea diventa angolosa, i muscoli diventano notevolmente ipotrofici. Nonostante ciò c’è una notevole elasticità nei movimenti corporei.
Sintomo importantissimo e indispensabile anche alla diagnosi è l’amenorrea primaria o secondaria. Vi sono anche delle modificazioni dei caratteri sessuali secondari che si rivelano a livello della pelosità sessuale, con un incremento dei peli del pube e di quelli ascellari, le mammelle sono risparmiate almeno a livello ghiandolare. Per quanto riguarda i genitali interni ed esterni, essi presentano, nei casi avanzati della malattia, una generica ipotrofia.
Altri sintomi organici possono gli edemi.
A livello cutaneo, la pelle diventa secca, rugosa, più sottile del normale e perde di elasticità. Spesso si presenta una pigmentazione di colorito giallo/arancio. Per quanto riguarda il sistema pilifero, i capelli perdono di vitalità e consistenza, i peli sessuali sono conservati se non incrementati; soprattutto, però, spesso vi è la comparsa di una pelosità superiore alla norma, in particolare sul viso e sugli arti, detta lanugo. A livello dentario sono presenti numerose carie accompagnate spesso da gengiviti.
A livello cardio-circolatorio, è presente una notevole ipotensione, con ipotonia venosa. Altro sintomo somatico appartenente a questa categoria è l’acrocianosi che si associa alla secchezza della pelle e riduzione della secrezione sudorale e sebacea. La pelle appare chiazzata, rosso/bluastra e cianotica. La presenza di questa alterazione ha come importante conseguenza che anche in ambienti caldi, il freddo provoca forti ed intensi dolori. La funzionalità cardiaca è influenzata da una sua ipotrofia e da un concomitante allungamento (“cuore a goccia”); si presenta anche bradicardia.
L’apparato digerente riveste un ruolo predominante per le sue implicazioni psicologiche a livello della motilità gastrica. Essa non sembra differire da quella delle persone normali ma le ragazze anoressiche interpretano una situazione perfettamente fisiologica, cioè i “crampi allo stomaco”, come un fastidio. La funzionalità intestinale è caratterizzata soprattuttodalla costipazione (stipsi e rallentamento della motilità intestinale).
Le alterazioni legate a disfunzioni corticali sono essenzialmente due, l’ipotermia e le alterazioni del sonno. Per quanto riguarda la prima spesso vi è una riduzione della temperatura basale. Le alterazioni del sonno, invece si manifestano soprattutto con un risveglio precoce o al mattino, e/o un risveglio a metà della notte.
Disturbi associati
Frequentemente i disturbi della condotta alimentare sono associati a disturbi dell’umore, in particolare la depressione maggiore e la distimia. Il sottotipo bulimico presenta una maggior familiarità per depressione e alcolismo, ospedalizzazioni più frequenti, l’associazione con cleptomania, l’abuso di alcol e farmaci, uso di stupefacenti. In alcune pazienti la bulimia può presentarsi successivamente, durante la remissione del quadro anoressico. Spesso sono presenti tratti ossessivo-compulsivi.
Decorso e prognosi
In genere si tratta di un episodio singolo, seguito da una remissione più o meno completa; altrimenti l’andamento può essere ricorrente, con oscillazioni tra remissioni e ricadute. La mortalità varia dal 5 al 20% ed è dovuta alla denutrizione e agli squilibri elettrolitici, più raramente al suicidio. Si ha guarigione fino al 30% dei casi. Nel 50% dei casi permangono sintomi residui o sequele psicopatologiche, come sintomi depressivi, tratti ossessivo-compulsivi, fobia sociale o dipendenza da farmaci. L’amenorrea si risolve in un terzo o due dei casi, pur residuando spesso varie irregolarità mestruali. L’adattamento sociale risulta generalmente compromesso, soprattutto nella sfera socio-lavorativa e sessuale.
Terapia
Il trattamento a breve termine è finalizzato alla correzione delle complicanze mediche, quali la disidratazione e gli squilibri elettrolitici. E’ quindi necessario combattere il grave dimagramento e ristabilire uno stato nutrizionale accettabile. In una prima fase è consigliabile il ricovero in ambiente ospedaliero specialistico e prescrivere una dieta strutturata che preveda un aumento graduale delle calorie e un aumento di peso di circa 250g al giorno. In questa prima fase come farmaci vengono utilizzati gli antidepressivi. Anche i neurolettici nelle fasi iniziali possono essere utili per migliorare la compliance e per limitare l’iperattività. Una volta ottenuto l’aumento ponderale occorrerà stabilizzare i risultati e reinserire la paziente nel suo ambiente socio-familiare. Utile è quindi un trattamento psicoterapico, volto a fornire una corretta educazione nutrizionale e migliorare le capacità di socializzazione.
Bulimia nervosa
E’ un disturbo caratterizzato da “abbuffate”, ossia episodi contrassegnati dall’ingestione, in un breve periodo di una grande quantità di cibo, in genere ipercalorico; alle crisi seguono peculiari alterazioni dell’umore, come depressione, sensi di colpa e tutta una serie di comportamenti tesi a sbarazzarsi del cibo ingerito o prevenire l’aumento di peso che ne deriverebbe. Anche in questo caso c’è un’alterazione della percezione della propria immagine corporea. L’età d’esordio è attorno ai 18 anni e in genere al momento della richiesta d’aiuto la malattia dura va avanti da 5 anni. E’ molto più frequente nel sesso femminile e che svolgono peculiari attività (modelle, ballerine, atleti).
Eziopatogenesi
Viene sottolineata l’importanza di fattori culturali, in particolare l’enfasi della magrezza. Esiste una teoria detta Modello della dipendenza dal cibo, che considera la bulimia una manifestazione di una generica predisposizione all’abuso di sostanza e alla dipendenza. Altri autori sottolineano come la bulimia tenda ad automantenersi in seguito ai rinforzi positivi (sensazione piacevole dovuta all’ingestione di cibo) e ai rinforzi negativi (sollievo da ansia, tensione, depressione o disforia). Il vomito costituisce poi un ulteriore rinforzo negativo, in quanto permette di mangiare cibi calorici senza aumentare di peso. Esiste una stretta correlazione quindi tra obesità e sovrappeso, dieta e crisi bulimiche. Spesso infatti le pazienti bulimiche sono sovrappeso durante l’adolecenza, hanno un’alta incidenza familiare di obesità e l’esordio dellecrisi bulimiche è concomitante o appena successivo ad un periodo di dieta. Ci sono indizi che alla base della bulimia ci sia un disturbo affettivo. Alcune teorie sottolineano l’importanza della serotonina, un importante mediatore ipotalamico dei segnali di sazietà. E’ stato ipotizzato che nella bulimia ci sia una compromissione della risposta serotoninergica, che potrebbe essere alla base del comportamento impulsivo e dei disturbi affettivi frequentemente associati. Le abbuffate, ricche soprattutto di carboidrati, determinerebbero un aumento del tono centrale serotoninergico e quindi permetterebbero di soddisfare il senso di fame e di correggere la disforia o la depressione alla base della crisi. Altre teorie rilevano una ridotta attività delle vie dopaminergiche oppure basse concentrazioni di b-endorfina.
Quadro clinico
La maggior parte delle pazienti bulimiche è normopeso, tuttavia è presente un’intensa paura di ingrassare, assieme ad un eccesso di preoccupazioni concernenti il peso, la forma, le proporzioni o l’aspetto del corpo. Non necessariamente è presente il desiderio di dimagrire ed alcune pazienti vogliono mantenere il loro peso corporeo. Sono ipersensibili ad ogni aumento di peso, che viene percepito anche solo da una maggior aderenza degli indumenti. Le oscillazioni ponderali possono costituire una grave preoccupazione ed aggravare il pattern alimentare.
La crisi bulimica è una condotta alimentare tipica. I fattori scatenanti del singolo episodio sono in genere: stati d’animo negativi, come tristezza, ansia, stress, collera, solitudine, noia, più raramente stati di benessere od euforia. Altre volte è l’aver assaggiato uno dei cibi proibiti od altamente calorici. Solo in casi sporadici le crisi non sono legate allo stress, ma progettate in anticipo. Durante la crisi si genera un sollievo dall’ansia ed un allentarsi della tensione, transitori, in quanto poi subentrano sensi di colpa, depressione, svalutazione e distusto di sé, desideri di morte o pensieri di suicidio. Ciò motiva il ricorso alle condotte di eliminazione, in particolare il vomito autoindotto, solitamente stimolando meccanicamente il faringe, più raramente con farmaci emetici. Frequente è l’abuso di lassativi, diuretici e il masticare il cibo senza deglutirlo. Alcune pazienti ricorrono all’esercizio fisico praticato in maniera rigida e compulsiva.
La quantità di cibo ingerita per episodio è enorme, tra le 5000 e le 20000 calorie. In genere si tratta di cibi estremamente calorici, ricchi di carboidrati o grassi, che non richiedono particolari preparazioni e che viene ingerito con voracità, in fretta, con una masticazione sommaria, senza gustare il sapore, alternando in modo caotico cibi dolci e salati,con la sensazione di perdita di controllo sul proprio comportamento. In genere la crisi avviene in segreto e in solitudine, almeno una voltà al giorno, seguita da vomito autoindotto. Ogni singolo episodio ha una durata in genere inferiore alle 2 ore. Le pazienti continuano a mangiare finché non intervengono fattori esterni alla loro volontà, come il sonno, il sopraggiungere di altre persone, dolore o gonfiore addominale o l’esaurimento del cibo.
I disturbi di carattere medico più frequenti sono squilibri idro-elettrolitici (alcalosi metabolica, ipocloremia, ipokaliemia). Altri sono la dilatazione gastrica acuta dopo una crisi, che può condurre alla perforazione, e la lacerazione esofagea a seguito del vomito. Ci può essere aumento di volume delle paratiroidi, per cause da stabilire. Frequenti sono anche le complicanze odontoiatriche. Sono molto frequenti le irregolarità del ciclo mestruale, ma solo una minoranza delle pazienti è amenorroica.
Disturbi associati
Molto frequentemente nell’anamnesi si ritrova anoressia nervosa. Nel quadro clinico trasversale spesso si riscontrano disturbo distimico e depressione maggiore. Sono inoltre presenti disturbi del comportamento e del controllo degli impulsi e tentativi di suicidio.
Decorso
La malattia di solito inizia nell’adolescenza o nella prima giovinezza. Il vomito abituale in genere compare dopo circa un anno. L’esordio è spesso associato ad una dieta dimagrante, in altri casi è presente un evento di perdita o separazione. Sempre più frequenti, le crisi bulimiche tendono a sovvertire completamente le abitudini alimentari, per cui scompaioni i pasti regolari e restano le crisi, alternate a periodi di digiuno o di rigide restrizioni. In genere trascorrono dai 3 ai 6 anni prima di rivolgersi al medico o allo specialista. E’ possibile che si verifichi una remissione spontanea più o meno completa.
Terapia
Il ricovero in ambiente ospedaliero è consigliabile nei casi più compromessi (ipopotassiemia o altri squilibri elettrolitici, aritmie cardiache, ematemesi, tossicomania, etilismo), con marcata componente depressiva, o con rischio di suicidio. L’ambiente ospedaliero è inoltre la sede ideale per la sospensione dei diuretici e dei lassativi. Il trattamento farmacologico si avvale di anticonvulsivanti ed antidepressivi. Tra le metodiche psicoterapeutiche più efficaci c’è l’approccio cognitivo-comportamentale.