Cosa può succedere…

Durante la violenza sessuale può succedere…

Quando una persona si trova in una situazione in cui ha perso ogni potere e non è possibile alcuna resistenza può sentirsi in uno stato di arresa. Il sistema di autodifesa è annullato. La persona, privata di ogni potere per sfuggire alla situazione di realtà, può farlo invece alterando il suo stato di coscienza. Paradossalmente questo stato di calma distaccata dissolve il terrore, la paura e la rabbia. Gli eventi continuano ad essere registrati dalla coscienza ma è come se venissero scissi, staccati, dai significati ordinari. Le percezioni sono intorpidite, parzialmente anestetizzate o senza particolari sensazioni. Il senso del tempo è alterato spesso con una sensazione di rallentamento delle azioni. Durante uno stupro la persona può avere la sensazione che ciò che accade non stia succedendo proprio a sé, come se si stesse osservando fuori dal proprio corpo o come se si trovasse all’interno di un incubo da cui sta per risvegliarsi. Queste alterazioni si sommano ad un sentimento di indifferenza, di distacco emotivo e ad una profonda passività in cui si rinuncia all’iniziativa e alla lotta. Quando le persone traumatizzate non riescono a dissociarsi spontaneamente, nei momenti in cui i ricordi della violenza sessuale ritornano in modo incontrollato, possono cercare di raggiungere effetti simili di intorpidimento con l’uso di alcool e droghe, perciò corrono un alto rischio di dipendenza da sostanze. L’instabilità dovuta all’alternanza di stati dissociativi (cioè momenti in cui si perde il contatto con la realtà) e di sintomi intrusivi (ricordi intensi ed incontrollabili dello stupro), spesso accompagnati da uno stato di ansia cronica generalizzata, aumentano il senso di imprevedibilità nel soggetto e rendono più intenso il sentimento di sfiducia verso il futuro.

Come ci si può sentire dopo molestie o violenza sessuale

Quando una donna subisce molestie sessuali che lei vive come traumatiche, o una violenza sessuale o uno stupro, la sua vita può cambiare completamente anche se non sempre ci si rende conto che tale cambiamento è dovuto proprio a quell’aggressione sessuale.

Lo stupro viene vissuto come evento minaccioso per la vita e porta in molti casi a gravi conseguenze psico-fisiche: incubi, insonnia, nausea, vomito, cardiopalmo, tremito, ipereccitabilità nervosa, delirio, abuso di alcool o altre sostanze stupefacenti, depressione, crisi isteriche anche con ricoveri ospedalieri, disturbi della condotta alimentare. Pertanto lo stupro è un fattore scatenante del disturbo post-traumatico da stress.

Anche le molestie sessuali possono creare nella vittima gli stessi problemi e la stessa sintomatologia dello stupro. La sofferenza psichica che la vittima prova infatti non è direttamente proporzionale alla gravità dell’azione commessa dall’aggressore. Le conseguenze di un trauma sono il risultato dell’interazione fra quell’avvenimento stressante e la persona che lo subisce, persona che ovviamente ha una propria storia precedente al trauma e una propria struttura di personalità. Non necessariamente ad una violenza grave sul piano dei fatti corrisponde un trauma altrettanto grave sul piano psichico, mentre può accadere che ad una molestia apparentemente non grave possa corrispondere una imponente reazione di tipo post-traumatico che produce nella vittima un’immensa sofferenza.

Dopo una violenza sessuale, possono comparire disturbi psicologici vari, quali: PTSD, stato di ansia cronico, C-PTSD, depressione.

Il disturbo post-traumatico da stress nella donna violentata

Il PTSD si caratterizza per lo sviluppo di un peculiare quadro psicopatologico in seguito ad un evento scatenante di grande impatto emotivo. In questo disturbo c’è un unico agente eziologico: è sufficiente la presenza del trauma perché la patologia insorga. L’evento per essere traumatico deve essere improvviso, imprevisto e deve minacciare la vita dell’individuo o di chi gli sta accanto. Possono essere presenti i caratteri di violenza o di minaccia, ma più frequentemente sono presenti entrambi. Il soggetto deve essere entrato a diretto contatto con l’evento traumatico e deve aver provato paura, orrore e impotenza.

Nel PTSD si ritrova spesso ipotrofia di uno dei due ippocampi, ma anche alterazioni funzionali come attivazione dell’amigdala, del giro anteriore del cingolo ed inibizione dell’area di Broca. Ciò indica la compromissione delle regioni cerebrali implicate nella regolazione dell’emotività e dei processi mnestici con la conseguente alterazione del vissuto temporale. Nel trauma viene colpito principalmente il centro della paura che attiva una scarica noradrenergica che interferisce con le varie strutture cerebrali e inibisce l’ippocampo (non c’è tempo di dare significato all’evento); si sviluppa e si mantiene così nel tempo una memoria fortemente carica di contenuti emotivi.

I pazienti con PTSD non riescono a dare avvio al processo di simbolizzazione dell’evento in quanto, o per le caratteristiche dell’evento stesso o per il fatto che il cervello è impreparato a riceverlo, vengono circuitate delle strutture cerebrali. Mancando l’attivazione corticale non viene inibita l’amigdala che continua produrre la stessa emozione dell’evento originario. Nella risposta normale allo stress si ha elevazione del cortisolo che riduce la memorizzazione e riduce la sensitività dei recettori. Nel PTSD si ha invece una diminuzione del cortisolo. La riduzione del cortisolo non inibisce la memorizzazione, bensì la potenzia e provoca un aumento della sensitività dei recettori ai glucocorticoidi, particolarmente abbondanti a livello dell’ippocampo. Questa sensitizzazione avrebbe un effetto tossico, provocando morte delle cellule neurali ippocampali per apoptosi con conseguente atrofia dell’ippocampo.

L’evento traumatico provoca:

  1. un’attivazione neurotrasmettitoriale, modificazioni non genomiche e quindi rapidamente reversibili.
  2. un’attivazione di fattori oncogeni, modificazioni genomiche e quindi stabili.
  3. l’attivazione di fattori ormonali (glucocorticoidi), modificazioni neuro-anatomiche e quindi irreversibili.

Anche se l’evento traumatico non provoca il PTSD le modificazioni biologiche si verificano comunque e abbassano la soglia di vulnerabilità a fattori esogeni o endogeni.

In questo disturbo l’emozione rimane invariata. Il presente è bloccato al trauma per il persistere della memoria emotiva. L’emozione non ha tempo; il tempo è dato dalla razionalità. In questa patologia è il tempo interiore a rimanere bloccato.

Questa memoria emotiva comporta la grande varietà della sintomatologia.

  • REEXPERIENCING: ricordi, incubi, stati dissociativi, flashback, disagio e reattività fisiologica all’esposizione. Il trauma irrompe ripetutamente nel corso della vita normale ed è come se il tempo si fermasse al tempo del trauma. Si struttura una forma anomala di memoria che irrompe spontaneamente nella coscienza sotto forma di flashbacks nella veglia e di incubi che disturbano notevolmente la qualità e la durata del sonno. Piccoli eventi insignificanti possono evocare queste memorie che ritornano con la forza emotiva dell’evento originario. Questi ricordi sono vissuti dal paziente come invasivi ed egodistonici e quindi provocano profonda angoscia.
  • EVITAMENTO: di pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi, persone. Il soggetto talvolta si trova ad evitare cose o situazioni senza che esista necessariamente una correlazione di significato.
  • IPERAROUSAL: ipervigilanza, risposte d’allarme, irritabilità, alterazioni del sonno, deficit di concentrazione e memoria. Il paziente si sente sempre in uno stato di allerta come se un pericolo incombente stesse per presentarsi, appare disforico, irritabile, “scatta” facilmente e ha difficoltà a prender sonno. In tale stato di continua ipervigilanza ed ipersensibilità alle stimolazioni ambientali si inseriscono improvvise ed imprevedibili esplosioni di aggressività e collera.
  • NUMBING – OTTUNDIMENTO: incapacità di ricordare, perdita di interesse, riduzione dell’affettività. I pazienti avvertono un fastidioso distacco sul piano emozionale che li fa sentire come estranei a quanto accade a loro. La percezione nelle vittime di un trauma cambia: o vedono il trauma dovunque, oppure non vedono nulla. Si verifica un arresto dell’immaginazione e della creatività, si ha una perdita del pensiero come capacità di creazione sperimentale. Una vittima di stupro o molestie può quindi ritrovarsi apatica, priva di interessi sia verso la vita in generale che verso il lavoro o le relazioni affettive.

Il disturbo in genere ha un esordio acuto, da poche ore ad alcuni giorni dall’evento scatenante, anche se, in taluni casi, l’inizio della sintomatologia può avvenire dopo diversi mesi. Il decorso può essere sia acuto che cronico; nella maggior parte dei casi dura meno di sei mesi. I casi ad andamento protratto hanno una prognosi meno favorevole per il frequente sviluppo di serie complicanze quali demoralizzazione secondaria e abuso di alcool ed altre sostanze. L’adattamento sociale e lavorativo di questi pazienti risulta seriamente compromesso.

Esistono fattori predisponenti all’insorgenza del disturbo, ma non sono tuttora chiari. Uno di questi è il sesso femminile; altri fattori sono l’aver sofferto o soffrire di disturbi psichiatrici, l’aver già vissuto eventi traumatici.

Criteri diagnostici per il PTSD secondo il DSM IV

    1. L’individuo è stato partecipe di una esperienza traumatica di grande impatto emotivo (ad esempio seria minaccia per la propria vita o integrità fisica, seria minaccia o pericolo per i propri figli, il coniuge o altri stretti parenti o amici; improvvisa distruzione della propria casa o comunità; vedere un’altra persona che è stata recentemente o sta per essere seriamente ferita o uccisa per un incidente o una violenza fisica). Durante l’esperienza il soggetto ha provato sentimenti di paura intensa e non ha intravisto possibilità di scampo.
    2. L’evento traumatico è persistentemente riesperito in almeno uno dei seguenti modi:
      • ricordi ricorrenti ed invasivi dell’evento
      • sogni ricorrenti dell’evento
      • improvviso agire o sentire come se l’evento traumatico stesse di nuovo verificandosi
      • intenso disagio psicologico durante l’esposizione ad eventi che simbolizzano o assomigliano in qualche aspetto all’evento traumatico, inclusi anniversari del trauma
      • reattività neurovegetativa durante l’esposizione ad eventi che ricordano l’evento traumatico.
    3. Persistente evitamento degli stimoli associati con il trauma o obnubilamento della responsività (non presente prima del trauma) come indicato da almeno tre dei seguenti:
    • Sforzo di evitare pensieri o sensazioni associate con il trauma
    • Sforzo di evitare attività o situazioni che ricordano l’evento traumatico
    • Incapacità di riportare importanti aspetti del trauma (amnesia psicogena)
    • Diminuzione marcata dell’interesse in attività significative
    • Sentimenti di distacco o estraneità dagli altri
    • Ridotta affettività
    • Mancanza di fiducia nel futuro
    1. Sintomi persistenti di ipervigilanza (non presenti prima del trauma) come indicato da almeno due dei seguenti:
    • Difficoltà ad addormentarsi
    • Irritabilità o scoppi di rabbia
    • Difficoltà di concentrazione
    • Ipervigilanza
    • Esagerata reattività agli stimoli
    1. La durata del disturbo è superiore ad un mese.
    2. Il disturbo compromette l’adattamento sociale e lavorativo.

Specificare:

ACUTO: se la durata è inferiore a 3 mesi

CRONICO: se la durata è pari o superiore ai 3 mesi

CON ESORDIO TARDIVO: se l’esordio è successivo ai 6 mesi dopo l’evento.

Stato di ansia cronico

Si tratta di una condizione di ipereccitazione generale dell’organismo, con tutto ciò che questo può comportare come disturbi dell’attenzione, della concentrazione, dell’apprendimento. Se un bambino è costantemente in una situazione di allarme e di attivazione fisiologica rispetto a questo allarme, non potrà di certo prestare attenzione ad esempio a quanto la maestra sta spiegando; egli passerà il tempo ad osservare il comportamento extraverbale dell’insegnante per intravedere eventuali attacchi, oppure reagirà in modo eccessivo a stimoli che possono anche lontanamente ricordare il trauma, etc. Anche bambini che appaiono perfettamente calmi possono in realtà trovarsi in questo tipo di stato emotivo.

Lo sforzo del bambino di adattarsi alle situazioni di continuo terrore e violenza che vive può alterare lo sviluppo del cervello del bambino con conseguente cambiamento del suo cambiamento fisiologico, cognitivo e conoscitivo. Sono state rilevate alterazioni del funzionamento cardiovascolare, patologia che produce a sua volta delle alterazioni nel cervello e nell’organismo: alterazioni dl battito cardiaco, attivazione cronica ed anormale del sistema nervoso simpatico, alterazioni di alcune aree del cervello collegate alla memoria ( per es. l’ippocampo), una diminuzione della serotonina… Le vittime di abusi sessuali nella maggior parte dei casi sviluppano problematiche psichiatriche, psicologiche e psicosomatiche assai gravi, anche nei casi in cui durante l’esposizione al trauma il soggetto sia stato in grado di mettere in atto meccanismi di difesa che gli hanno permesso di far fronte alla violenza. Molti di questi soggetti svilupperanno il PTSD, un numero elevato di soggetti svilupperà comportamenti delinquenziali e antisociali, altri ancora diventeranno portatori di malattie psicosomatiche gravi, a volte anche invalidanti o mortali ( per es. disturbi alimentari che sembrano altamente correlati agli abusi sessuali in età precoce). Altri da adulti svilupperanno una qualche forma di perversione: un bambino che non è stato amato non può saper amare da adulto.

Il PTSD nell’infanzia

Questa patologia mostra le stesse caratteristiche di quella che colpisce gli adulti. Non sempre i minori abusati però sviluppano questa sindrome: la possibilità che si instauri il disturbo è legata alla gravità dell’evento, alla capacità di reazione della vittima, all’accoglienza che il minore riceve dagli adulti che lo circondano. Si instaura il PTSD quando viene minata la fiducia e la sicurezza nelle relazioni umane, quando prevale la sensazione di orrore e di essere inerme. Il bambino traumatizzato da abusi o molestie sessuali o da incesto vivono sia l’intrusione dell’esperienza traumatica nei pensieri, per cui l’evento è continuamente rivissuto, che il bisogno di farla sparire dalla coscienza negandola, cercando di minimizzare, di non pensare.

C-PTSD

Il disturbo post-traumatico da stress complicato è un danno psicologico derivante dall’esposizione prolungata a traumi sociali e/o interpersonali perduranti nel tempo con perdita di controllo, impotenza in un contesto di “prigionia”. Il C-PTSD è simile, ma distinto dal PTSD. Il C-PTSD descrive meglio l’impatto pervasivo negativo di traumi cronici ripetuti. Alcuni elementi caratteristici sono la prigionia, la frammentazione psichica, la perdita del senso di sicurezza, fiducia e auto-stima, la tendenza ad essere rivittimizzati e la perdita di un senso coerente dell’Io. Il C-PTSD è caratterizzato da un attaccamento di tipo insicuro, spesso disorganizzato.

Il C-PTSD è costituito dai tratti tipici del PTSD e del disturbo di personalità di tipo borderline (BPD).

I sintomi risultano variegati:

  • Difficoltà a regolare le emozioni, tra cui tristezza persistente, scoppi d’ira, pensieri suicidi
  • Variazioni nella coscienza, come dimenticare eventi traumatici, rivivere eventi traumatici, avere episodi dissociativi
  • Cambiamenti nella percezione di sé stessi, come sentimenti di vergogna, colpa e di essere completamente diversi dagli altri esseri umani
  • Cambiamenti vari nella percezione del carnefice, come attribuirgli un potere assoluto o preoccuparsi della relazione con lui
  • Alterazioni nelle relazioni con gli altri, come mancanza di fiducia, isolamento oppure ricerca costante di un salvatore
  • Perdita del sistema di valori, tra cui senso di disperazione

L’ambivalenza

Si tratta di un fenomeno per cui la piccola vittima prova allo stesso tempo paura e amore nei confronti dell’aggressore. Questo fenomeno può trovare la sua spiegazione nell’idealizzazione difensiva che i bambini maltrattati hanno bisogno di mantenere dei propri genitori preferendo percepire se stessi come cattivi e quindi meritevoli delle violenze che devono subire, piuttosto che prendere atto di essere delle vittime innocenti ed inermi in balia di un persecutore. Se gli abusi o le molestie sessuali persistono per molto tempo, il bambino può adeguarsi alla situazione, attraverso forme di anestesia emotiva e di estraniamento, interiorizzando sentimenti di disvalore, che coniugandosi con l’impotenza, la confusione, la vergogna e la colpa possono produrre frammentazione del Sé e disturbi dissociativi. È come se il soggetto creasse scomparti separati nella mente dove immette immagini contraddittorie: c’è il genitore buono che ti vuole bene e c’è quello che ti abusa sessualmente. Il bambino, per salvare quel che c’è di buono nel genitore, immagazzina nella mente queste immagini buone e si aggrappa ad esse per sopravvivere, negando le esperienze dolorose e la propria sofferenza.

Non è infrequente che i bambini abusati siano convinti di aver essi stessi desiderato l’atto sessuale, così come spesso nei casi d’incesto il bambino non viene obbligato a fare del sesso, ma viene iniziato ad esso con modalità deduttive. Il motivo per cui l’abuso può durare anni nel più assoluto segreto è che il minore subisce una forte fascinazione da parte dell’adulto abusante. Anche la paura, la vergogna, il senso di colpa hanno il loro peso nel mantenimento del segreto, ma il vero motivo per cui le bambine non svelano l’incesto è che esse sono affascinate dal loro stesso “torturatore”.

Spesso la vittima di abuso sessuale e di incesto non si comporta come una vera e propria vittima di un sopruso o di una violenza: queste bambine sono reticenti, omertose, raccontano qualche particolare dell’abuso ma continuano a mantenere di fatto un’alleanza con l’abusante esponendosi al rischio di veder continuare l’abuso sessuale. In altri casi queste bambine sembrano desiderare coscientemente di ritornare a farsi maltrattare, ma si può individuare l’enorme contraddizione fra quanto dicono a parole e quanto esprimono attraverso il linguaggio extra-verbale o somatico. Sul piano somatico esprimono profondo disagio, lanciano un grido di aiuto agli adulti intorno a loro, grido poi negato sul piano verbale. C’è una profonda scissione fra ciò che queste bambine vivono in una parte della loro mente e ciò di cui invece sono consapevoli sul piano razionale. Spesso questo “segreto nel segreto” è mantenuto con forza dalle piccole vittime di abuso per timore che le loro mamme non siano in grado di tollerare la sconvolgente verità, ed in qualche modo ciò spesso corrisponde al vero.

2 risposte a Cosa può succedere…

  1. doriana ha detto:

    il segreto è mantenuto con forza dalle piccole vittime di abuso per timore che le loro mamme non siano in grado di tollerare la sconvokgente verità…..io oggi sono adulta, ho sublto violenze a 7 anni. Mai confessato pubblicamente ho tutt’ora difficoltà a vivere serenamente la mia vita ma mi domando se posso ancora denunciare o cosa posso fare. C’è tanta rabbia in me e ho bisogno d’aiuto. Per noi 50enni vittime di violenze nel corso dell’infanzia cosa dice la legge?

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  2. saraelettra ha detto:

    La violenza sessuale su minore è un reato procedibile d’ufficio. Purtroppo però credo che il reato cada in prescrizione in 10 anni. Qualche anno fa girava una petizione per riportare la prescrizione in caso di abuso sessuale su minori a 15 anni, ma non credo abbia avuto un seguito e comunque non sarebbero sufficienti nel tuo caso. In ogni caso sarebbe importante segnalare alle autorità questa persona, affinché non possa più danneggiare altri.
    Ti stai facendo aiutare da una psicologa/psichiatra? La psicoterapia aiuta molto ad elaborare i ricordi e i farmaci aiutano con l’umore e il sonno. Capisco che per te sarebbe importante “avere giustizia”, ma la cosa più importante è che tu integri i ricordi e ti prenda cura della tua piccola te.

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